Questa sera il mio Padrone mi ha convocata per un aperitivo fuori casa. Pensavo fosse un nome in codice per una sessione fuori dal comune ma la serata si è svolta normalmente: un po’ di stuzzichini e un bicchiere di vino. Pensavo a chissà cosa, a eseguire ordini in mezzo al locale, a salire sui tavoli per lui ma sembravamo una normale coppia, nulla di più, altro che Padrone e sottomessa. Finito l’aperitivo, torniamo a casa e, chiusa la porta d’ingresso, mi fa cenno di inginocchiarmi e obbedisco senza farmi problemi: non vedevo l’ora.
In ginocchio, per l’ennesima volta, non so cosa aspettarmi ma lui esce dal mio campo visivo e non ci provo nemmeno a immaginare cosa potrà succedere adesso.
Improvvisamente mi allaccia il collare da sessione e capisco che è ora di iniziare. Per fortuna non ne ha ancora abbastanza di me e questo mi rende sempre più felice ogni giorno che passa.
Lo sento armeggiare dietro di me e, improvvisamente, sento che mi toglie la blusa, poi slaccia i pantaloni. Comincia a massaggiarmi le spalle, per poi scendere lungo la colonna vertebrale: è tutto così strano, non sembra reale, non sembra da lui.
Quando smette, mi manca il suo tocco sul mio corpo, anche se non era nulla di sessuale o erotico, niente di particolarmente eccitante.
“Alzati Tesoro, così poi puoi andare a rinfrescarti.”
Mi aiuta ad alzarmi e finisce di spogliarmi, ammucchiando i miei vestiti sul pavimento a fianco delle scarpe tolte appena entrata.
Mi sospinge verso il bagno dove mi rinfresco dalla serata passata in giro e, appena sento di essere pulita e profumata, ritorno da lui.
Beh, ci provo almeno. Lo cerco per la casa ma sembra scomparso: decido di aspettarlo in salotto, vicino alla porta d’ingresso, in ginocchio, con indosso solo il suo bellissimo collare.
Arriva poco dopo, sembra molto soddisfatto dalla mia scelta di attesa.
Così, nuda e un poco infreddolita, mi fa sollevare e sento la corda su di me: questa volta fa molto in fretta, mi lega semplicemente i polsi tra loro poi la fa passare in mezzo alle gambe, facendo in modo di farla sfregare contro il mio clitoride a ogni passo, a ogni movimento, a ogni respiro, poi mi porta davanti al divano e mi abbandona lì così.
Torna presto e applica delle pinzette ai capezzoli, le più dolorose che è riuscito a trovare in commercio. Sono pure peggio delle mollette in legno, quelle dalla molla durissima che stritolano senza scampo ogni cosa che trovano tra loro: queste sono peggio, sono dentellate e, certe volte, se non sono posizionate correttamente, lasciano dei piccoli lividi rossastri dove hanno stretto. Il mio rapporto con loro è sempre di odio e amore: fanno un sacco male ma amo lo sguardo del mio Padrone su di me quando le indosso, nonostante proprio non riesco ad abituarmi a quella odiosa scarica di piacere che mi colpisce ogni volta che me le fa portare. Appena è soddisfatto della loro posizione intorno ai miei poveri capezzoli, mi lascia ancora per tornare con un piatto pieno di cibo e un bicchiere.
Mi aspetto quasi che recuperi la ciotola per farmi mangiare qualcosa dal pavimento come gli piace fare spesso. Questa sera però ha qualcosa di diverso in testa: mi fa mettere a quattro zampe tra le sue gambe aperte e mi riempie la bocca con qualcosa di diverso la cibo, però ugualmente apprezzato. Adoro averlo in bocca, amo la sensazione di poterlo portare al piacere, di poterlo guidare dove voglio io, con la mia intensità per farlo impazzire come piace a me. Comincio a muovermi, a stimolarlo ma lui mi blocca: “Non muoverti piccola, non devi far altro che stare ferma ed aspettare, nel frattempo che ne dici se ti uso come poggia piedi?”
E così, sposta le gambe in modo tale da usarmi come poggiapiedi.
Non mi aspettavo questa svolta, non è per il piacere di nessuno questo, non lo trovo eccitante, per nulla. Pensavo di fargli un pompino da capogiro ma non è questo il caso, non mi sta nemmeno scopando la bocca, mi tiene lì ferma, come un soprammobile da usare e basta, per comodità, non per piacere.
Lui comincia a mangiare un boccone dopo l’altro, facendomi venire fame. Dopo un pochino di tempo comincio a risentire della posizione, non è facile tenerlo tutto in bocca senza muovermi, comincio a far fatica a respirare, ho il fiatone, non entra abbastanza aria. In più le sue gambe pesano, nonostante siano un peso piacevole, non resta facile riuscire a restare ferma, soprattutto con la corda che mi dà fastidio e i capezzoli stretti nelle piccole morse.
Lui si china ad accarezzarmi i capelli, in modo così dolce che non mi aspetto mi chiuda il naso.
Cerco di spostarmi per respirare, cerco di farlo uscire dalla bocca per respirare con quella ma mi blocca la testa e mi prende un seno. Non ho altra scelta se non quella di abbandonarmi a lui, di lasciargli il controllo sul mio respiro, sulla mia vita.
Dopo quella che mi sembra un’eternità, mi lascia andare e cerco di incamerare più aria possibile dal naso.
“Sei stata brava piccola ma dovresti avere più fiducia in me, sai che non ti nuocerei mai.”
Vorrei rispondere, dire qualcosa per mostrargli che mi fido ma ho ancora la bocca piena di lui.
“Per questa sera va bene così, riproveremo un’altra volta, okay Amore?” Mi dice mentre continua ad accarezzarmi i capelli.
Annuisco mentre esce dalla mia bocca.
“In piedi cucciola, cambiamo scenario ora.”
Mi sollevo a fatica e, a tradimento, mi sfiaffeggia i seni. Non riesco a trattenere un urlo smorzato, quelle malefiche mollette mi hanno fatto un male cane, soprattutto vista tutta la forza che ci ha messo.
Poi si abbassa per toglierle e mi prende in bocca i capezzoli per alleviare il dolore. Peccato che questo, unito al trattamento a me riservato prima, mi abbia resa un lago…
Slega la corda che passa tra le mie gambe e mi guida fino al balcone.
Aperta la porta finestra, sono sconvolta: lì, in bella mostra al centro del balcone c’è una sedia con fissato sopra un dildo e un vibratore abbandonato lì vicino.
In pratica mi obbliga ad accomodarmi sulla sedia e sento quel dildo scomparire dentro di me. Sembra enorme, molto più di quello che mi ha abituata a prendere. Fissa i polsi alla parte alta della ringhiera e poi sistema il vibratore in modo tale che possa torturarmi a pieno, in modo che io possa sentire tutta la sua potenza.
Essere così all'aperto mi destabilizza ancora di più, è stranissimo essere alla mercè di tutti, sentirmi così. So che in pratica non può vedermi nessuno per la posizione del balcone ma mi fa comunque sentire incredibilmente esposta.
“Potrai venire solo dopo che sono venuto io, non provare a disubbidire a questo o le conseguenze saranno terribili per te, fidati.”
Accende alla frequenza giusta per farmi impazzire il vibratore e comincia una lentissima sega davanti ai miei occhi.
Ho sempre amato starlo a guardare mentre viene, vedere il suo sguardo, ricevere il suo seme addosso poi mi fa davvero impazzire, tutto questo mi ha sempre incredibilmente eccitata.
In questa situazione non cambia nulla, anzi, il vibratore e il dildo sono così incredibilmente perfetti che l’essere all’aperto scende in secondo piano e mi sento invadere dal piacere. Faccio così fatica a controllarmi che mi sembra di scoppiare.
Lui sembra così lontano dal venire e a me viene da piangere: resistere sembra una missione impossibile.
Mi impegno con tutta me stessa a distrarmi e a rimandare il piacere quando finalmente, lui ha quello sguardo che significa che sta proprio per venire sul mio viso.
“Aspetta il mio permesso per venire, non voglio che vieni subito, so che puoi trattenerti un altro pochino e che mi renderai molto fiero.”
Faccio un cenno di assenso e lui viene, inondandomi il volto con il suo seme.
Io sto davvero impazzendo, non mi sento più in grado di controllarmi e rimandare il piacere ancora un po’.
Lui si china e improvvisamente il vibratore scompare per essere sostituito con una di quelle terribili mollette per panni in legno duro che morde il mio piccolo clitoride esasperato dal piacere.
Spalanco la bocca in un urlo sconvolto ma lui ne applica un’altra alla mia lingua mentre sussurra in un orecchio: “Vieni schiava. Vieni ora.”
E io ubbidisco, sciogliendomi in un orgasmo devastante mentre sento il suo seme colare nella mia bocca spalancata.