In ginocchio, davanti la porta, attendo il suo rientro.
Come da suoi ordini, sono completamente nuda. Ha detto che sarei dovuta andare a casa sua, spogliarmi completamente, preparare il pranzo e, appena finito, inginocchiarmi vicino la porta ad attenderlo.
Ho finito di rigovernare la cucina e ora sono in attesa della sua comparsa. Per impegni vari, è da un po’ non ci vediamo e che non mi sottomette come vorrei. In questo periodo abbiamo fatto solo un paio di serate a distanza ma non è certo la stessa cosa di una sessione vera: sentirmi sottomessa, impotente, completamente in sua balia, mi manca come l’aria che respiro ogni giorno. La sottomissione è ciò che riesce a mantenere stabile il mio equilibrio mentale, a mantenere un briciolo di controllo su tutto il resto della mia vita. Dovermene privare per così tanto tempo, mi rende instabile e appesantisce il mio rapporto con gli altri.
Nell’ingresso non ha mai messo un orologio e non ho idea di che ora sia. Il tempo da quando mi sono inginocchiata è parecchio e comincio ad aver sete e dover andare in bagno. Purtroppo non mi ha dato un orario indicativo per il suo rientro e non sarebbe comunque utile ma la mia vescica richiede assolutamente di essere svuotata, così tanto che decido di infrangere l'ordine impartito e alzarmi per andare al bagno e poi in cucina a bere. Non potrò essere così sfortunata da farlo entrare proprio adesso. Avrò passato in ginocchio ad attenderlo almeno, credo, un’ora, sarebbe terribilmente ingiusto il suo ingresso adesso.
Mi affretto ad alzarmi e vado spedita in bagno e poi di corsa in cucina. Sto appoggiando il bicchiere quando sento la serratura scattare.
La mia solita fortuna.
Corro alla porta nella vana speranza che non si sia accorto di nulla o, più probabile, che non si arrabbi troppo.
Il suo sguardo è così duro e deluso che la piccola speranza che non si sarebbe arrabbiato troppo svanisce clamorosamente: questa me la farà pagare molto molto salata.
“Quindi non hai ubbidito ai miei ordini. Questo è tutto il rispetto che provi per me? Passano settimane senza che possiamo ritagliarci un momento come questo e tu decidi di infrangere la promessa che mi hai fatto?”
I suoi occhi mi fulminano, non l'avevo mai visto così. Il senso di colpa mi schiaccia e cerco di fargli capire che ho aspettato fino ad adesso per alzarmi, che non riuscivo più a trattenermi, che avevo bisogno del bagno, che non volevo sporcare in giro o disubbidire, che non volevo mancargli di rispetto. Cerco di parlare, di spiegarmi ma mi fulmina appena apro bocca. Credo che le spiegazioni saranno per un’altra volta, adesso la cosa migliore è tacere e aspettare.
“La cosa peggiore è la consapevolezza che, da quando sei entrata qui dentro, hai deciso di disobbedire, di non darmi il rispetto che merito e che meriti tu stessa. Disubbidire con tutta questa premeditazione abbassa il tuo livello, ne sei consapevole, vero?”
Annuisco e apro la bocca per l’ennesima volta per cercare di spiegargli quello che è successo ma riprende a parlare prima di me.
“Vedo che non hai intenzione di arrenderti e tacere, quindi direi che possiamo cominciare col chiudere la tua bocca.” Si alza e si allontana, tornando dopo pochissimo con una classica ballgag. La lascio scivolare in bocca senza oppormi e sento la fibbia scattare.
“Forza, andiamo, non voglio passare tutto il tempo nell'ingresso.”
Non oso alzarmi in piedi e contrariarlo ancora di più, così lo seguo a gattoni. Questa andatura è particolare, la amo e la odio allo stesso tempo: mi fa sentire umiliata, un animale, ma esalta le parti del mio corpo che preferisco nonostante mantenerla per lunghi periodi è terribile per le mie ginocchia e le mie braccia. Fortunatamente è raro che passi molto tempo in ginocchio, a gattoni, come adesso. La maggior parte delle volte mi concede di camminare qualche passo dietro a lui o di andare per conto mio.
Seguendo i suoi piedi, arriviamo in cucina dove tutto è pronto per il pranzo. Si accomoda al tavolo e comincia a mangiare lentamente. Immagino che io non mi accomoderò al tavolo con lui e non mangerò molto, almeno ho assaggiato durante la preparazione del pasto e non posso dire di avere fame.
Dopo qualche altro boccone, mi slaccia la ball gag e mi fa spostare al suo fianco, sempre in ginocchio, in punta di piedi, con il sedere poggiato ai talloni e le mani dietro la schiena.
Ogni tanto si allunga per portarmi qualcosa alla bocca che apro diligentemente ogni volta che avvicina qualcosa alle mie labbra, ringraziandolo con lo sguardo: ancora non oso parlare per non peggiorare la situazione precaria in cui già mi trovo.
Ogni volta che mi imbocca mi sento incredibilmente umiliata: mi sento incapace di fare questo da sola, che ho bisogno di un aiuto in qualcosa di basilare. Adesso, però, l’unico pensiero che ho in testa è quanto posso averlo deluso con il mio comportamento di prima, per non avergli portato abbastanza rispetto da ubbidirgli in qualcosa di così semplice. Ho un po’ di paura per quello che verrà dopo…
Persa nei miei pensieri, non ho aperto la bocca abbastanza in fretta, al chè mi ha imbrattato le labbra. Sento la salsa appiccicaticcia tutto intorno alla bocca e sento ancor più l'umiliazione. Odio respirare questa pesantezza che aleggia, il suo scontento mi sta opprimendo. Vorrei dire qualcosa che farmi perdonare ma so che il modo migliore è dimostraglielo ubbidendo a quello che chiede.
Un boccone dopo l’altro finisce il pranzo e ci spostiamo sul divano.
Mi lascia sempre per terra e so già che oggi, se vorrò cenare seduta a tavola come una persona normale, dovrò impegnarmi profondamente.
Accende il televisore e comincia a guardare un programma storico che ama particolarmente a differenza mia che proprio non ne sopporto la vista. Mi accuccio ai suoi piedi e cerco di pensare a qualcosa per potermi far perdonare. Ormai lo conosco bene, so che non può essere così arrabbiato solo per il mio gesto. Certo, non è stato bello e mi aspetto una punizione dura ma è troppo incavolato, deve essere stata una giornata molto pesante al lavoro o deve aver ricevuto una brutta notizia. Magari è molto stanco e un massaggio può aiutarlo a rilassarsi un po’.
Lentamente mi sposto e comincio a sfilargli le calze. Sento che si irrigidisce ma poi immagino capisca cosa ho in mente perchè si rilassa e non si oppone più. Questo è un gesto che non amo fare, soprattutto in ambito Ds ma ogni tanto ci sono dei sacrifici che vanno fatti e si fanno con la massima gioia.
Comincio a massaggiare delicatamente un piede, non sono molto brava ma faccio del mio meglio. Passo dalla pianta al tallone, salgo anche sulla caviglia, poi torno alle dita, una per volta. Faccio più volte lo stesso giro e sembra apprezzare. Al lavoro passa sempre molte ore in piedi, a fare avanti e indietro per controllare che ogni cosa fili per il verso giusto, che questa non è certo la prima volta che gli massaggio i piedi. Dopotutto è il mio uomo, Padrone o meno, e in una coppia si fa quello che si può per far stare meglio l’altro.
Passo all’altro piede e ripeto lo stesso giro, pianta, tallone, caviglia, dita, pianta, tallone e così via.
Sento una carezza sulla testa e sollevo lo sguardo: vedo un’infinita tenerezza e fragilità in quegli occhi che mi emoziono così tanto da piegarmi a baciargli la caviglia.
Così chinata, prima ancora di rendermi conto di quello che sta per uscire dalle mie labbra, gli dico cosa provo.
“Ti amo.” Mi trema la voce, ho paura che per lui non sia la stessa cosa ma ormai le parole stanno uscendo senza controllo. “Ti amo sul serio, non è detto per dire. Non è una conseguenza del rapporto Ds che abbiamo costruito. Si, ne fa parte ma mi sono innamorata proprio di te, di come sei riuscito ad abbattere tutte le mie barriere e ad abbassare le tue per me, per farmi entrare.”
Non dice niente e io continuo a fare quello che stavo facendo, imperterrita e terrorizzata che possa spezzarmi il cuore, che non ricambi i miei sentimenti.
“Guardami.” Afferma dopo qualche secondo, ma io resto ferma con lo sguardo al piede che ho in mano, troppo imbarazzata per poter fare qualcosa di così intimo come guardarlo.
“Guardami ho detto, avanti, giuro che non ti mordo tesoro.”
Timidamente alzo lo sguardo e lo vedo così rilassato e con quello sguardo dolce che mi scalda il cuore.
Mi fa cenno di alzarmi per sedermi a fianco a lui e, appena seduta, mi bacia in modo così incredibilmente eccitante e rilassato che capisco di aver fatto la cosa giusta ad aprire il mio cuore a lui.
“Non c’è cosa più bella che potevi dirmi oggi, è stata una giornata così orribile in ufficio che ero già nervoso quando sono entrato e ho reagito in maniera esagerata con te. Mi perdoni?” Faccio cenno di sì con la testa e prosegue. “Mi hai reso così felice dicendo quelle parole che non posso credere alla mia fortuna: ho la donna più bella di sempre, colei che mi sta dietro in ogni mia iniziativa, che comprende il mio lato più perverso e che, addirittura, ne trae il mio stesso godimento e mi ha appena detto di amarmi, sono l’uomo più fortunato del mondo Ale amore. Cavolo, ti amo anche io. Non volevo dirtelo così, non dopo quella scenata di prima ma magari con un bel mazzo di gigli e quei bigliettini colorati che tanto adori ma questo penso sia il momento perfetto. Ora forza, vai a lavarti le mani che dobbiamo festeggiare.”